Print
Category: IDEA DI SOCIETA'
Hits: 338

I FONDAMENTI ANTROPOLOGICI DELLA MODERNITÀ

(bozza-provvisorio)

La modernità e le nuove trascendenze

Come ci dice l'antropologia culturale, il super soggetto, il super Stato (super leviatano) sono invenzioni fondamentali e complementari del pensiero liberal-borghese. Senza i quali non si sarebbe potuto sviluppare il capitalismo.

Nella nascente classe dirigente si fa largo l’idea di persona ‘liberata’ dai vincoli della superstizione e religione, è un essere negativo, incline al conflitto, al soverchiamento del prossimo, l’individuo individualista, e per questo va controllato e tenuto a bada da uno Stato forte a cui si delega il monopolio della forza, e per tenere a freno l’istinto predatorio, da ‘lupo’ per rivolgerlo al bene sociale questo istinto va contenuto ritualizzandolo nell’arena del mercato.

La proprietà privata, i diritti 'universali', il valore lavoro, il salario, il giusnaturalismo moderno, lo scientismo, la psicologia ecc, senza il soggetto-individuo isolato, non sarebbero state possibile. Senza queste invenzioni-feticcio, che non hanno nessuna base scientifica, la modernità non sarebbe mai avvenuta.

LA NASCITA DELL’INDIVIDUO

L’individuo

Il termine individuo, non esisteva in greco o latino. Le nostre lingue madri sono prive della presenza di questo concetto. L’individuo, è qualcosa che si è storicamente creato e non ha equivalenti nella tradizione politico filosofica classica dell'Occidente e neppure nelle altre culture asiatiche, africane o amerinde. L'individuo inteso come 'atomo' della società sarebbe risultato socialmente incompatibile in queste culture. Anche linguisticamente nel parlare di sé lo si faceva in terza persona.

L’individuo è andato configurandosi attraverso un processo storico in polemica con l’idea di homo hierarchicus e homo religiosus. In altre parole, l’individuo, inteso come individuo portatrice di una soggettività, è il prodotto di una polemica, di un conflitto con le grandi forme con cui l’uomo si era rappresentato tradizionalmente, ossia come 'membro' di un ordine gerarchico e spirituale che gli dava significato. Soltanto se collegato a un ordine di carattere sacrale o religioso, l’uomo aveva valore. Perciò l’uomo gerarchico e l’uomo religioso non possono, in alcun modo, condividere la nostra idea di individuo.1

Con l’avvento del cristianesimo inizia una prima affermazione dell’individuo rispetto al divino. Non sono più i popoli ad essere ‘eletti’ da Dio, ma i singoli; ogni singolo individuo può scegliere ed essere degno di appartenere alla nuova religione.

Nelle civiltà pre-capitaliste, c'era una concezione olistico-gerarchica della persona dove: il tutto è più della parte. Il tutto pre-siede le parti2. Le parti appaiono come parti perché c’è il tutto. Le parti sono parti in quanto appartengono al tutto. Questa è la regola fondamentale che configura l’uomo gerarchico, religioso e politico ante capitalismo.

Il tutto è pre-potente rispetto alla potenza dei singoli. Presso i conventi, le comunità religiose molto chiuse e presso gli islamici funziona ancora oggi così. Quello che nel caso di comunità mussulmane viene chiamato scontro di civiltà, è una differenza antropologica, uno scarto spazio-temporale. La civiltà islamica che si innesta dentro un sistema tribale, esiste ancora l'approccio olistico-gerarchico Se il tutto precede ed è pre-potente rispetto alla potenza delle parti, allora io valgo in quanto membro di questo tutto e non in quanto suo produttore. Il singolo vale perché obbedisce al tutto della tribù e della religione.

Persone e proprietà e gerarchia

Storicamente nel diritto romano esisteva la distinzione tra persone e cose. Il termine ‘persona’ indicava tutti gli uomini aventi dei diritti. Infatti, solo chi ha (o può avere dei beni) è persona idonea ad assumere il ruolo di uomo indipendente da qualunque altro. Si distinguono così i titolari del diritto di proprietà (i patres familias) e coloro che non possono possedere beni (donne e schiavi), che sono i subiecti (sottoposti, sottomessi, assoggettati), persone soggette al diritto di chi è invece possessore. Al tempo, il termine ‘persona’ si riferisce esclusivamente a uomini, e non viene mai applicato a entità astratte, come le città (città-stato anche se sacre).

Solo nell'alto medioevo, sorgono accanto alle persone fisiche, le cosiddette personae fictae o rapraesentatae, L'impero del medioevo, riconosce a chiese e monasteri il diritto di avere proprietà mobiliari e immobiliari in conseguenza di lasciti e donazioni.

L'idea che solo l'avere, il possedere diventa uguale ad essere aveva iniziato il suo percorso. Con la rivoluzione francese cambia totalmente l’antropologia dell’uomo e l’idea del soggetto come unità elementare della società.

Le nuove classi emergenti per essere libere di continuare a curare i propri interessi economici, produco l’atomizzazione della società e lo Stato che li rende liberi di fare affari con sicurezza.

Il giusnaturalismo illuminista infatti allarga il criterio della proprietà privata collegata alla libertà (relativa), l'avere è un diritto naturale, senza dei quali non si esercita la libertà, Hume, Loke, e Spinoza padri dell'illuminismo ci dicono:

«soltanto chi ha raggiunto la stabilita dei beni che possiede avrà fame di le idee di giustizia di proprietà, diritto, obbligo».3
Quello che ne viene fuori da questi padri fondatori dell’illuminismo è che “in tutti il diritto (o la legge) naturale per eccellenza è quella sorta di grado zero dell’amore di sé che spinge gli uomini in prima istanza a conservare se stessi, il proprio corpo, la propria vita. La tendenza all’ autoconservazione diviene ciò che caratterizza l’individuo nella sua essenza più profonda e nella sua nuova autonomia, l’irrinunciabile principio in base al quale fondare patti, istituire società e Stati” (AA.VV., Storia delle passioni, Bari 1995)4

Per seguire e soddisfare i propri interessi, che svincolati dalla comunità diventano potenzialmente illimitati, o per salvaguardare la propria sussistenza biologica, il nuovo individuo si deve sottomettere ad un ordine esterno, alienare una parte di sé per un’entità a lui esterna e/o superiore.

Questi illuministi escludono una tutela della proprietà diffusa, condivisa e credono solo ad una società composta di singoli uomini proprietari.

Dalla nuova antropologia sulla 'natura umana' scaturisce la proprietà (privata), e dalla proprietà ne viene la giustizia. Questo è l'assioma della rivoluzione borghese e ‘la proprietà del soggetto diventa sacra, l'unica via per la 'libertà'.’

La libertà è nell’essere proprietari, avere è essere essere proprietari ha valore sociale, ossia vuol dire che essere liberi, è non dipendere più da nessuno.

Per rendere tutti più liberi, nel 1700-800 in Europa si dà la stura all'orgia delle rapine delle terre 'pubbliche' (al tempo per il popolo queste risorse erano la principale fonte di ricchezza, e principale mezzo di sostentamento), e con la conquista dell'Ovest si da corso all’espropriazione e privatizzazione delle terre indiane in America.

E' l’era dellindividuo ipertrofico, proprietario, indipendente, egoista e individualista. Il soggetto individualista, insieme allo Stato moderno. rappresentano il nuovo ethos sociale, cioè quella rivoluzione antropologica, culturale, tecnologica, economica, l’insieme dei costumi e dei consumi che fanno della storia dell'Occidente un evento tutto particolare e originale.

L’individuo economico e la scarsità

Distinguiamo quindi le due forme di ‘individuo’ che prendiamo da Dumont51) il soggetto empirico della parola, del pensiero, della volontà, campione indivisibile della specie umana, quale s’incontra in tutte le società[‘l’uomo particolare’ ]; 2) l’essere morale, indipendente, autonomo e dunque (essenzialmente) non sociale, quale s’incontra innanzitutto nella nostra ideologia moderna dell’uomo e della società” . Prodotto quest’ultimo della modernità oggetto del discorso che segue.

Le origini dell'individualità moderna, quella dell’uomo economico che si è affermato in Europa, si può far risalire, come molti fanno, a Mandeville.

Frode lusso e orgoglio devono vivere, finché ne riceviamo i benefici: la fame è una piaga spaventosa, senza dubbio, ma chi digerisce e prospera senza di essa?” ..

Se si alimenta l’individualismo e i vizi dell’individuo ‘libertino’ “darà lavoro ai sarti, ai servitori, ai profumieri, ai cuochi e alle donne di vita: tutti questi a loro volta si serviranno dei fornai, dei falegnami ecc.”.(B. Mandeville La favola delle api.)

Della rapacità e violenza di questo tipo di individuo, la società nel complesso se ne avvantaggerà. Mandeville è stato il precursore dei moderni economisti a partire dal famoso Adam Smith. La ricerca della soddisfazione egoistica del proprio interesse è la premessa della ‘prosperità’ nella società che chiamiamo modernità.

Mentre prima la gerarchia e le caste erano ‘nell'ordine delle cose’, considerate naturali, ora la gerarchia è formata sul grado di egoismo e capacità predatorie che si sviluppa tra persone ugualizzate.

La metafora della moneta rientra sempre, e segna un ottimo isomorfismo con la società: l’egoismo, l'arricchimento, le forme uguali e comparabili, il contrattualismo, la fiducia, il valore sociale e mezzo prevalente per il soddisfacimento dei propri bisogni ecc. sono analogie incontrovertibili. Immaginario sociale e nuove acquisizioni di senso della moneta coincidono.

I rapporti umani, precedentemente autonomi, vengono subordinati ai rapporti con le cose, e avvengono solo attraverso il rapporto con le cose (Marx).

Un filone unico collega Mandeville, Adam Smith, Hume e Locke: la proprietà di Locke, l’uomo libertino di Mandeville, la ‘mano invisibile’ di Adam Smith e l’interesse comune in Hume, marcano i mutamenti di valori dell’emergente classe dirigente in Occidente.

L’individuo è libero perché proprietario, “l’individualismo possessivo” è fondamentale per l’emancipazione dell’economico dal politico (ideologico-religioso).

Per arrivare a questa idea di individuo e di Stato la marcia è stata lunga, in realtà c’è stata solo una sostituzione. Infatti si aveva alle spalle il cristianesimo che presupponeva l’individuo come essere morale. Nella cultura ebraico-cristiana gli uomini si rapportano sopratutto con Dio per la ricerca della felicità e del benessere; era tutto trascendentale, e ogni riferimento al mondano (all’altro, al prossimo, alla donna amata) era fonte di dolore, patimento e peccato; solo con rapporto personale con il trascendente si trovava il vero amore gaudente.

Il cristianesimo fa emergere quindi la categoria dell’individualità, e poi tutta la filosofia cristiana era impegnata alla creazione di feticci religiosi che potessero contenere “la bestia” dei singoli. O meglio non svilupparla, e circoscriverla con precetti, comandamenti, confessioni, demoni, inquisizioni ecc.

Nell’alto medioevo sorgono le città mercantili, si afferma il Rinascimento, l’umanesimo, la Riforma protestante e infine l’illuminismo dove quello che era prerogativa del divino diventa terreno. L’individuo si fa Dio sovrapotente (superuomo Nietzschiano), si colloca solo nel rapporto con il mondo economico, nuova fonte di felicità terrena. In questo ‘brodo’ nasce l’economia moderna. Con un Super Stato Leviatano (Hobbes), la proprietà privata illimitata, una soggettività iperpotente, il vaso di Pandora si è rotto.

La nuova antropologia scatena fino in fondo le potenzialità rapace degli individui, la volontà di potenza dell'individuo, liberata da ogni trascendenza sia divina che riguardo il prossimo.

Nella società liberal-borghese, non abbiamo più la persona membro della communitas, valore inteso di volta in volta nella storia come tribù, gens, ethos, terra, polis, Zeus, Dio. L’individuo moderno raccoglie in sé, sintetizza tutto questo e va oltre. La trascendenza nel divino non viene eliminata ma è trasferita nel' 'esser-ci' come individuo titolare di proprietà e diritti.

Il super individuo è trascendenza, feticcio che annulla e schiaccia i communia, tutto ciò che potrebbe essere di comune nella società.

Sovverte i paradigmi precedenti e fa del soggetto e dello Stato liberal borghese le nuove trascendenze: l’individuo è potenza che permette di andare sempre sopra il bene comune, e lo Stato iper-potente agevola questa liberalismo individuale e nel conflitto trova una sua ragione d'essere: l’avere il monopolio della forza che deve detenere.

Si è anche declinato il super-io in sottogruppi: l’es, lo spirito, l'anima, l'inconscio, l'autocoscienza, ecc. per scovare anche le rispettive malattie dell’uomo solo, il singolo senza e contro l'umanità.

La fine del soggetto

La sinistra idealista, sopratutto intellettuale, persegue nei loro teoremi, nelle loro analisi il delirio di onnipotenza che si fonda sull'io-soggetto.

Soggetto-moltitudine, soggettività eversiva, soggettività rivoluzionaria ecc. ecc.

Quando tutte le riflessioni ontologiche e fenomenologiche, gli studi cognitivisti, linguistici, delle neuroscienze ci dicono che il soggetto-persona non esiste, è solo un'astrazione inutile.

Anche epistemologicamente sarebbe meglio abbandonare i sistemi di analisi che fanno uso concettualmente del 'soggetto' come monade.

Fare a meno filosoficamente del soggetto-persona, e anche del suo corrispettivo 'le masse', 'le moltitudini' ecc. come entità monistiche indifferenziate, senza le strutture in cui sono inseriti.

Volendo sempre usare la metafora della moneta, non esiste una moneta, una singolarità sola in un isola deserta, come non esistono moltitudini (insiemi di monete) senza una struttura sociolinguistica, una società con gerarchie e relazioni di potere in cui sono inseriti e per i quali ogni singolarità o collettività acquistano un senso e un valore. (di questo non hanno capito l’illuminista Spinoza e i proto illuministi E. Scarpanti e T. Negri che insistono a mettere al centro i soggetti e non le strutture di relazioni come metodo analitico)

Riprendere il concetto di communitas, di comunità di relazioni comuni da ripristinare sia concettualmente che nel metodo di analisi ci sembra la via maestra. Quanto profonda debba essere questa communitas, quanto estesa e se ci vuole comunque uno Stato per certe funzioni, dovrebbero far parte del dibattito corrente.

E’ indubbio che la communitas non sta in piedi se non si danno altre forme di scambio, di relazioni e di proprietà.

I Beni Comuni sono una soluzione alla proprietà (non proprietà). Le forme di relazioni e di scambio fondate sul Dono in uso nel guanxi (forme concentriche di relazioni) e requing (forme differenti di redistribuzione delle risorse) cinese, danno spunti interessanti per una communitas post capitalista, e saranno oggetto del lavoro nel prossimo doc.

LE PARTI E IL TUTTO

Il munus (da communitas: cum – munus) significa originariamente dono inteso come dovere, come obbligo e in ultima analisi denota ciò che non è proprio, il contrario del proprio, ciò che inizia là dove finisce il proprio.

Il munus, che la communitas condivide, non è solo una co-proprietà o una appartenenza religiosa, e non è un avere ma, al contrario, un debito, un pegno, un dono-da-dare.

Come ci suggeriscono alcuni testi, probabilmente il munus in Grecia era applicato solo alla genos, alla gens romana. Alla stirpe ai lares. Ossia al gruppo di famiglie allargato che si riconosceva in un antenato comune (es. gens Cornelia, gens Fabia ecc.6), qualcosa di simile valeva per gli indoeuropei dove orda, sippe (una specie di stirpe sacralizzata) germanica, sono solo degli esempi7.

In queste comunità gli individui sono tali dentro la comunità, la punizione maggiore è l'espulsione dalla comunità, l'esilio, più che la morte. Non hanno una propria soggettività, non sono soggetti autonomi (nel senso della modernità), svincoli da ogni obbligo, o lo sono solo in quanto soggetti coscienti della propria mancanza, dipendenti degli obblighi sociali: è un soggetto che esce da sé, che diventa ‘noi’!

In questa antropologia il tutto non è la somma delle parti, e viceversa, le parti, i singoli sono tali, perché dentro il tutto.

La differenza tra le parti e il tutto, è la communitas ciò che unisce, che tiene insieme una società, che cambia nel tempo e nello spazio, si evolve, non è la medesima sempre e ovunque. Nel periodo del medioevo si frantumano le gentes, la città-Dio (Roma sacrale), la religione cristiana diventa nuova fonte di aggregazione identificazione, una nuova communitas, composta a sua volta da una costellazione di feticci, sempre pre-potenti , con il padre dei padri che sta in cielo, tuttavia immanente, che aiuta e sostiene i suoi figli. e diventa il nuovo legame forte della società.

I post potenti

Con l'illuminismo, noi occidentali, per risolvere il problema dello stare insieme, al posto del pre-potente religioso, abbiamo creato un'altrettanta costellazione di feticci, ma post-potenti.

Perché la modernità, sovverte i termini precedenti: ora il tutto è il prodotto delle parti, sono le singole persone (la parte) a produrre il tutto. La razionalità, l'ordine, non sta a monte, nel collettivo ma ne è il risultato, l’effetto delle parti.

Le singole parti, sono come la moneta moderna, si incontrano al 'mercato' per la razionalizzazione delle risorse di ciascun individuo, e si delega allo Stato, come socio in affari, attraverso il famoso contratto sociale, il mantenimento dei patti e dell'ordine.

Nella narrazione sono le singole persone, diventate lupi, a creare lo Stato, in teoria a responsabilità limitata per tutelare, normalizzare gli inter-essi (essere tra le cose), gli intra-interessi egoisti e famelici delle persone verso altri simili.

Il tutto sociale non c'è più, ora la cum – munus è ora una società per azioni: un condominio ma più grande.

La nascente carta dei diritti vede vede il singolo (in un primo tempo solo l'uomo bianco) come soggetto, liberato dai vincoli feudali. È l’individuo il principale veicolo, la forma antropologica dove si appoggiano le necessità della nuova classe dominante, questa vede i cittadini uguali tra loro come fossero singole e indifferenziate monete che si confrontano si scambiano, competono tra loro sul mercato (ancora una volta l'idea della moneta fa da traino per la organizzazione ideologica della società).

Non ci sono persone differenti per qualità, ma solo per quantità di proprietà-denaro. Il super-io è appiattito e reso indifferente, omologato, intercambiabile, frazionabile come una moneta. L’individuo è vittima del falso egualitarismo nominale che nasconde le differenze esclusivamente quantitative che la ricchezza-denaro offre: denaro come sintesi sociale!

Con questo modello che definiamo occidentale (moderno) guardiamo il mondo e misuriamo le altre civiltà. Spesso parliamo di libertà individuali, di diritti della persona ecc. proiettate su altre civiltà, ma non solo facciamo un madornale errore, ma facciamo un atto d'imperio ideologico, sovrapponiamo la nostra civiltà basata sul super-io ai non occidentali e spesso imponiamo loro la nostra razionalità e il nostro senso comune.

Se parliamo dei diritti umani, in un paese occidentale dove l’individuo è indipendente, indifferente dalla assiologia religiosa (o quasi), non si può trasporre pari pari questa struttura in un paese arabo che è ancora dentro una struttura culturale religiosa e tribale; dove la persona è ancorata alla sharia come assiologia religiosa.

Non solo, ma delle differenze sussistono anche all'interno dell'occidente medesimo perché la dottrina giuridica dei diritti dell'uomo, segue l’evoluzione del pensiero filosofico della sua classe dirigente locale, il diritto individuale è declinato in modo diverso da Paese a Paese, per esempio ci sono molte divergenze sulla pena di morte, sulla condizione della donna, sull'eutanasia, sulla tortura, sull'espiazione delle pene, sull'immigrazione, sul diritto alla salute, sui diritti degli individui ecc ecc...

E volendo dare i sofisti, quando si predicano i famosi diritti fondamentali, si pensa alla persona o all’individuo (all'uomo o al cittadino? La domanda non è banale, perché se si è liberi in quanto cittadini, non è detto che lo si sia in quanto persone. Questa contraddizione la si vede nel fenomeno delle recenti immigrazioni di massa, le quali sollevano notevoli problemi agli ordinamenti dei vari Stati, persone presenti nel territorio sono ‘uomini’ privati di ogni diritto di cittadinanza (le leggi dello Stato riguardano solo i cittadini ‘omologati’).

Questi sono interrogativi irrisolti dell'illuminismo, basta vedere la confusione tra Déclaration des droits de l'homme et du citoyen (Francia 1789), e Déclaration des droits de l’homme (ONU 1948). Si è ‘cittadini’ come separazione di status sociale verso chi è solo un uomo, una contraddizione che fa comodo a tutti tenere nel cassetto delle ipocrisie.

Il moderno individuo homo oeconomicus

Sia in A. Smith che in Ricardo, la teoria del valore-lavoro sta alla radice della valorizzazione dell’uomo come individuo economico (agente di proprietà e diritti), e fonte della ricchezza della nazione.

Macpherson descrive l’uomo moderno, l’homo oeconomicus in modo dettagliato attraverso sette proposizioni:

  1. Ciò che rende umano un uomo è l’essere libero dalla dipendenza delle volontà altrui.

  2. Libertà da tale dipendenza significa libertà da qualsiasi relazione con gli altri, tranne quelle che l’individuo intraprende nella prospettiva del proprio interesse.

  3. L’individuo è essenzialmente proprietario della propria persona e delle proprie capacità, per le quali non deve niente alla società.

  4. Benché l’individuo non possa alienare in modo totale la proprietà della propria persona, può tuttavia alienare la propria capacità lavorativa.

  5. La società umana consiste in una serie di relazioni mercantili.

  6. Poiché la libertà dalle volontà altrui è ciò che rende umano un uomo, la libertà di ogni individuo può essere legittimamente limitata solo dagli obblighi e dalle forme che sono necessari per assicurare agli altri la stessa libertà.

  7. La società politica è un’invenzione dell’uomo per la tutela della libertà individuale della propria persona e dei beni e, quindi, per il mantenimento di relazioni di scambio disciplinate tra gli individui, considerati come proprietari di se stessi. (C. B. Macpherson, Libertà e proprietà alle origini del pensiero borghese, p. 26 )

Il singolo individuo, possessivo, proprietario della propria persona o delle proprie capacità, liberato dai lacciuoli religiosi e sociali, non deve nulla alla società.

L’economia della scarsità di risorse

L’uomo economico abita necessariamente, -e questo è il secondo presupposto importante-, dentro un mondo caratterizzato dalla ‘scarsità delle risorse’.

Il teorema della scarsità diventa il fulcro dello ‘sviluppo sociale’ moderno e delle leggi economiche.

Le risorse naturali e intellettuali sono tutte dentro il paradigma di ‘scarsità’, il mondo diventa un immenso suk di beni privati che che il singolo deve o può acquistare.

Gli economisti moderni, ci fanno credere che l'economia è quella che permette di soddisfare i bisogni dell'uomo ma funziona bene solo se in regime di scarsità. In questo modo si ottiene l'efficienza delle risorse e l’ottimizzazione degli sforzi attraverso l’economizzazione per fare fronte alle ‘insufficienze’ delle medesime (è il teorema degli economisti formalisti).

Ma con questa definizione si confonde il mondo con il sistema sociale. Nel mondo tutto è finito, anche il tempo e lo spazio, ma è diverso il finito da quello ‘socialmente definito’. Se per esempio si introduce o meno la proprietà privata di alcuni oggetti cambia tutta la visione abbondanza/scarsità.

Infatti, dove non c’è la proprietà privata ma la non proprietà (con altre struttura sociali che definiscono la proprietà), non esisteva la scarsità ma il contrario, come ha dimostrato da Sahlins, nel passato, laddove per lo più c'erano strutture sociali dell'abbondanza, il tempo dedicato alle 'attività' produttive, nutrizione e alloggio era molto basso, non era un problema procurarseli.

“La scarsità, anziché statuto del paleolitico, è semmai l'assioma - e il destino - del nostro sistema, dove l'insufficienza dei mezzi rispetto ai fini è assunta come punto di partenza di ogni attività economica. Immune dalle ossessioni di scarsità di merci proprie di quell'invenzione borghese che è l'Uomo Economico, il cacciatore nutre una ragionevole fiducia nell'abbondanza dei mezzi per soddisfare i suoi bisogni, limitati entro un modesto tenore di vita.” M. Sahlins, L’economia dell’età della pietra, scarsità e abbondanza nelle società primitive, Bompiani

Avveniva spesso in queste società che si donavano offerte cospicue agli dei, oppure alla costruzione di enormi templi, oppure si dilapidavano le risorse in grandi feste collettive. In altri temini Ossia nelle società pre-capitaliste gli uomini avevano un comportamenti 'anti-economico'.

Con la proprietà privata invece avremo da un lato l’abbondanza (i proprietari) e dall’altro la scarsità (i non proprietari), quindi il teorema della scarsità è tutto un controsenso, una introduzione artificiale della scarsità! E poi, chi decide che i beni sono scarsi e in che modo si trasforma la qualità in quantità? Per esempio, prendiamo una macchina di lusso, un cellulare, un software, un libro, un brevetto, una ricetta (o anche la mano d’opera) o diversi altri prodotti8 che non sono dentro un regime di scarsità naturale, di questi oggetti se ne può produrre quanti se ne vuole. In questi casi il regime di scarsità come si applica, chi ha deciso le quantità e quindi la qualità dei prodotti, e chi ha deciso che sono beni scarsi?

E anche molti altri oggetti naturali sono in realtà in sovrabbondanza, ma sono limitati dalla capacità di acquisto dei non proprietari, anche in questo caso chi decide chi può acquistare cosa? Di sicuro non il mercato.

Tra questi prodotti tenuti in regime di scarsità, bisogna dire, c’è anche la moneta immateriale che le banche possono produrre in quantità alla tastiera di un PC ma alla maggioranza della popolazione questo privilegio è precluso.

Poi, come accennato potremmo metterci anche il tema della ‘scarsità del lavoro’ - il lavoro è pur sempre una ‘risorsa’, come un qualunque mezzo di produzione, è una merce, un bene, forse il bene primario-, come si decide la scarsità con 7,5mld di persone sulla terra? Qui il discorso sulla scarsità non ci risulta mai spiegato, e rifarlo qui ci porterebbe lontano.

Qualunque illuminista serio farebbe fatica a capire la logica che sta dietro al teorema della scarsità, e tuttavia, messo a fondamento delle teorie economiche e insegnato in tutte le scuole. Si spiega in un solo modo: l’economia moderna è solo una malefica fede o si crede ciecamente o crolla tutto !

Perchè sia che abbiamo a che fare con il lavoro, la salute, un diritto sociale (anche i diritti che non costano niente sono resi scarsi), o una visita ad un sito archeologico, l’individuo emancipato ma egoista deve comunque sgomitare per conquistarsi il bene reso artificialmente scarso!

Illich sottolinea che soltanto attraverso questo carattere possessivo degli individui, la condizione di vivere in una società di proprietari esclusivi (in relazione mercantile tra loro) che l’individuo contemporaneo “può adeguarsi al presupposto della scarsità su cui non può che basarsi l’economia politica” (Illich, Nello specchio del passato,)

Il contratto

Siamo tutti uguali, competitivi e conflittuali. In una società con beni scarsi e fatta di ‘contratti’ e mercato. Che si scambino beni o si rivendicano dei diritti (resi scarsi anche questi), serve \un ‘contratto’ e la ‘legittimazione’ (la tutela) dello Stato. La democrazia è un contratto dove c’è chi vince e prende tutto e la ‘minoranza’ di governo (o maggioranza a seconda del tipo di conteggio della popolazione votante) che rinuncia all’appannaggio. E’ un contratto escludente dove c’è chi vince e prende tutto e la ‘minoranza’ (o maggioranza a seconda del tipo di conteggio) che rinuncia all’appannaggio, tertium non datur, mediazioni che comprendono entrambe le posizioni non sono previste.

Con la modernità si è aperta l’era dell’eterno conflitto tipico dell’uomo economico. «Lo Stato-Leviatano coincide con la dissoluzione di ogni legame comunitario. Con l’abolizione di qualsiasi relazione sociale estranea allo scambio verticale protezione-obbedienza. Nudo rapporto di irrelazione» (R. Esposito, Communitas, Einaudi, Torino 1998.).

INDIVIDUO E STATO

L’individuo

La rivoluzione francese come si è detto, ha 'liberato' il soggetto da ogni vincolo consentendo la sua esplosione espressiva, ma al contempo ha elaborato i più potenti mezzi di controllo-dominio sull'individuo testé 'liberato': lo Stato moderno.

Dal momento che non bastava la 'mano invisibile' del mercato a tenere insieme la neo iper-potenza del soggetto, nascono una serie di dispositivi per trattenere le potenzialità scatenanti, implicite, contenuti nella potenza individuale svincolata di ogni obbligo sociale e interindividuale; la potenza che ora tutto pensa e tutto vuole o può fare. La nuova persona-soggetto è il centro di una circonferenza a raggio infinito e dove tutto ciò che pensa, pensa anche di realizzarlo, libero da ogni pre-potente gerarchia, dove l'unico limite è la quantità di denaro (nella sua nuova forma potenziata) che ha a disposizione.

L'illuminismo dunque al contempo 'libera' il soggetto di ogni vincolo, dalla communitas pre-potente ma pensa malissimo di questo nuovo 'soggetto' libertino testé liberato.

In tutti i filosofi c'è la convinzione che la società umana così composta da somme di individui 'liberi' e in conflitto perenne tra loro, non potesse di per sé autoregolarsi. I 'liberatori' erano al contempo dei profondi pessimisti umani, ossia immersi nella convinzione che gli uomini non potessero autogovernarsi.

L'uomo 'liberato' dall'illuminismo è considerato un 'lupo' randagio, un pericolo per i suoi vicini, e così fu! Il filosofo Hobbes dicendo questo, cambia effettivamente l'antropologia dell'uomo. Fonda la politica sul principio della paura del “lupo”. L'uomo 'liberato' dai vincoli sociali pre-potenti, tornato nel suo stato di natura è in preda all'istinto di sopravvivenza e con la sua 'biologica' volontà di nuocere all'altro, di uccidere ed essere uccisi, è in continuo stato di guerra con il prossimo, erga omnes.

Hobbes rovesciando l'antropologia aristotelica di uomo naturalmente socievole, si impone con l’idea che se la relazione comunitaria lasciata a sé, è causa di delitto e guerra, allora è necessario unire gli uomini mediante un patto, un contratto, che li renda immuni dal contatto conflittuale gli uni con gli altri; è necessario unire mediante la 'dissociazione', ossia eliminare del tutto la società, la communitas, cancellare il precedente legame che teneva uniti gli individui.

«Gli uomini vanno adesso associati nella modalità della reciproca dissociazione, unificati nella eliminazione di ogni interesse che non sia quello puramente individuale. Artificialmente accomunati nella sottrazione della comunità»9

Mondato della communitas, il cittadino di Hobbes, cede una parte della sua sovranità ad un 'sovrano' terzo:

«.. io autorizzo e cedo il mio diritto di governare me stesso, a quest’uomo, o a questa assemblea di uomini a questa condizione, e autorizzi tutte le sue azioni in maniera invece mia. Fatto ciò, la moltitudine è così unita in una persona viene chiamata: Stato».

Da questo pessimismo umano si è dato origine al più grande “leviatano” della storia umana, al Dio mortale, con lo scopo di far fronte alla 'bestia liberata', e per la “nostra pace e la nostra difesa”.

LO STATO LEVIATANO

La fisica hobbesiana materialista e meccanicista porta a distinguere i corpi in naturali e artificiali entrambi deterministi. L’effetto causale, la necessità naturale, che coinvolge anche le azioni umane, ragione per cui il corpo umano ‘animato dallo spirito’, da vita al corpo artificiale e ‘politico’ dello Stato. In questo modo si passa dallo stato di natura allo Stato civile, ovvero attraverso l’invenzione di quel ‘patto sociale’, mediante cui gli uomini rinunciano al ius in omnia (diritto su tutto) dello 'stato di natura' trasferendolo a terzi: lo Stato (neo)sovrano, prodotto cognitivo.

Questo trasferimento porta così alla costituzione di un nuovo Stato borghese, che ingloba in sé ‘la volontà di tutti’, è il nuovo sovrano, di cui ogni altro cittadino è suddito.

Hobbes, coerente teorico dell’assolutismo ci dice che il “patto” è irreversibile e unilaterale, in quanto il potere trasmesso al nuovo sovrano non può essere revocato dai cittadini, e lo Stato non è sottoposto alla legge di natura, in quanto è esso stesso la legge e decide ciò che è giusto o sbagliato. Il potere Statale, inoltre, non è divisibile in poteri (ad es. la società civile) che limitino il suo potere, poiché solo lo Stato distingue il bene dal male per la società.

Lo Stato quindi deve essere obbedito, anche quando porta il paese allo sfacelo o alla guerra, perché si trova, sempre e in ogni caso, al di sopra della legge stessa, come il mostro biblico del Leviatano che, con la sua immane potenza, incute soggezione ad ogni nemico.

Questa è l’origine di quel grande Leviatano il nuovo Dio mortale, sacro tanto quanto, al quale, dopo il Dio immortale, dobbiamo pace e difesa: giacché per l’autorità 'conferitagli' virtualmente da ciascuno (perché non c'è stato nessun momento deliberativo in tal senso) ha tanta forza e potere che può disciplinare, col terrore, la volontà di tutti in vista della pace interna e contro i nemici sia interni che esterni. Uno Stato con il monopolio della forza, con tanta potenza, e con tutto il terrore necessario da essere in grado di informare le volontà di pace agli antagonisti interni e contro i nemici esterni.

La teoria dell'autorizzazione, del contratto sociale, che aveva lo scopo di ridurre distanza, tra la trascendenza del sovrano rispetto ai sudditi, mette in moto un dispositivo di alienazione sacrificale al massimo livello: Il super leviatano. Le correnti filosofiche illuministe hanno codificato i nuovi feticci rivestendoli di altrettanta sacralità, e di tabù altrettanto inviolabili come nel ruolo che prima aveva la religione; in questo dominio liberal-borghese, il potere ora non deriva più da una gerarchia divina e teocratica, ma illuministicamente è stato secolarizzato.

La sovranità

La trasposizione dal divino al terreno del vertice del potere, avviene trasferendo i sostantivi. Lo Stato è sacro e sovrano. In genere viene chiamato sovrano una entità sociale separata che ha il potere sovrano, ogni altro appartenente alla società è quindi suo suddito. Quando con il romanticismo si fondano diversi Stati tutti ‘sovrani’, va da sé che si formano degli Stati più sovrani di altri.

Nella realtà si sono dati origine a diverse varianti di Stato, da Rousseau (Stato civico), a Kant (che antepone la legge, e rispetto ad essa fonda la comunità) allo Stato “spirito” della nazione di Hegel. Con commistioni delle varianti idealista-romanticista si dette corso a nuove escatologie come lo Stato-nazione, al raccoglimento del “il Popolo” (lo spirito del), intorno al Leviatano.

Il teorema del leviatano si allunga con i risorgimentalisti, con la sovranità, con l'idea della stirpe, dei confini, della lingua, della 'storia' comune. Dove intorno alle classi dominanti si aliena non solo il monopolio della forza ma anche l'etica, la morale, il bello, il giusto, l'inclusione e l'esclusione ecc.

Ideologie in apparenza divergenti con il senso liberatorio dell'iniziale illuminismo, in realtà sono differenti modi di costruire feticci da parte delle classi dominanti.

LA NUOVA TERZA PERSONA: IL MERCATO

Con la rivoluzione francese, si da origine al cittadino proprietario; dal rapporto singolare con il trascendente (la religione che teneva insieme la società), si passò a due nuove sacralità: lo Stato e all’economia del mercato. Con la famosa “mano invisibile” che opera nel mercato di A. Smith che funge da mediatore sociale. Il caso assume il ruolo di ‘sintesi sociale’ al posto del Divino in cielo. E l’economia, l’uomo oeconomucus assurge a nuova fonte di ‘benessere e felicità’ comune.

La fiera antico luogo dove intavolare scambi, pareri, amori, rinsaldare amicizie non c’è più; il mercato occasionale o periodico, o il vecchio foro boario -terreno neutro- dove ci si scambiava annualmente le sermenti, insieme a passioni, pareri, novità ecc, viene soppiantato dal nuovo mercato della classe emergente. Da un luogo reale, dove c’era comunità del ‘noi’ a un luogo ‘asettico’ pieno di persone indistinte, degli ‘egli’ terza persona neutra.

Il mercato in versione capitalista, si presenta come un luogo impersonale, una nuova ‘terzietà’ sociale, una terra franca dove ci si incontra senza ‘ferirsi’, senza sentimentalismi, senza coinvolgimenti amicali, dove ci si ‘ammazza’ senza incontrarsi, in modo asettico seguendo la logica del denaro e del prezzo. Il linguaggio è la moneta e il contratto mercantile di merci che si confrontano è il nuovo ethos, la nuova forma di stare insieme.

Il mercanteggiare occasionale dove ciò che è mio non è tuo, da una delle tante forme di relazione con cui era contornato l’esistenza precapitalista, diventa la forma e il fine esistenziale dell’uomo moderno. La società moderna è una somma di interessi (A+B) impersonali, un mercato continuo, dove si fa ‘cooperation without benevolence’’ (Hume).

E il moderno Stato Leviatano incorpora questo nuovo comando di governare senza benevolenza.

Il mercato e il bue

Un’altra contraddizione dei dei vecchi economisti, fu di pensare che gli individui che partecipano al mercato siano perfettamente razionali, dotati di identica abilità, di sufficienti conoscenze, in grado di valutare le proprie e altrui azioni. Quindi “la mano invisibile” del mercato come il frutto collettivo di azioni razionali che sommandosi lavoravano per il bene comune.

Al lato pratico si è scoperto che non è così, nel mercato (qualunque mercato) o, non essendoci empatia, senso dell’altro, ognuno è per sé, e gli agenti sono spesso irrazionali, hanno pochissimo controllo sull’immensa mole di informazioni e variabili in gioco e, soprattutto, seguono strategie di acquisto e investimento aleatorie e differenziate. Adottano una strategia quasi opposta rispetto alla “teoria dei giochi” dove gli agenti sono perfettamente razionali e fanno scelte adeguate usando strategie deduttive e pensando al dopo, nel lungo periodo. Al contrario sono emotivi, scelgono a caso, operano adattativamente, semplicemente copiando, seguendo strategie diverse e controverse l’uno dall’altro, o nei migliori dei casi fanno scelte riferendosi solo al prezzo, all’utile nel breve periodo.

Il prezzo è indubbiamente determinato queste aleatorie azioni di tutti gli individui e dal numero di venditori e compratori. E dal momento che ogni ‘giocatore’ opera per mimesis, è influenzato indirettamente dagli altri (e dunque interagisce con essi) solo attraverso il prezzo e null’altro, in queste condizioni di un pletora di apprendisti stregoni, chi ha più ‘filo’ tesse la trama, e sfrutta i meccanismi del gregge, e ‘il parco buoi’ (così vengono chiamati) dei piccoli investitori sono facili preda dei meccanismi speculativi e delle bolle finanziarie architettati dai grandi squali della finanza, i piccoli apprendisti emotivo rimangono sempre con il cerino acceso in mano, con il patrimonio azzerato. In realtà è una catena di S. Antonio, dove i grandi grassano i medi, i medi a loro volta i piccoli (Enron, Parmalat, e le varie banche fallite sono un piccolo esempio).

..

1 Questo e altri spunti sono presi da Massimo Cacciari in 'Individuo e società' 2008.

2 M. Cacciari 'Individuo e società'

3 Rousseau tuttavia ammonisce: 'nessun cittadino sia tanto ricco da poterne comprare un altro, e nessuno tanto povero da essere costretto a vendersi' (Contratto sociale II,11). La questione ideologica sulla proprietà privata rimane dunque aperta e continua ad animare il pensiero moderno e contemporaneo, che intorno ad essa assume posizioni diverse e contrapposte.

4 Secondo Locke, “il grande e fondamentale intento per cui gli uomini si uniscono in stati e si assoggettano a un governo è la salvaguardia della loro proprietà”; per Hobbes, analogamente, “ogni patto sociale si contrae o per utilità o per ambizione, cioè per amor proprio e non già per amor dei consoci”.

5 L.Dumont, Homo aequalis. Genesi e trionfo dell’ideologia economica, Adelphi, Milano, 1984

6 L’idea di famiglia dei Romani era allargata ai viventi e agli antenati, esisteva un vero e proprio culto degli antenati. In ogni casa c’era una specie di altare dove si potevano fare sacrifici e pregare i Lari, le divinità protettrici della casa, i Penati, le divinità protettrici della famiglia e i Mani che erano gli spiriti degli antenati defunti. Luoghi dove si celebravano i riti religiosi legati alla nascita, al matrimonio e alla morte.

7 Oggi questo munus come dono si ritrova ancora tracce nelle famiglie mediterranee, più accentuato nei padri e nelle madri verso i propri figli e molto meno al contrario.

8 Molti prodotti per renderli ‘scarsi’ bisogna fabbricarli ad obsolescenza programmata per farli rimanere artificialmente dentro il regime di scarsità.

9 Appunti da: Roberto Esposito sull'etimo Communitas. Origine e destino della comunità, Einaudi, Torino 1998, 2006