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Category: IN CULTURA
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PREAMBOLO DEL NUOVO MANIFESTO

Il capitalismo ha i secoli contati?

I l Fallimento della Sinistra SIA istituzionale Che di Opposizione ha Una storia lunga e La Caduta del Muro di Berlino ha date la spallata definitiva ad un un idea di Mondo diventat un anacronistico una .

Scarse sono state le riflessioni sui motivi di quel disastroso interesse, o meglio per la prima volta nella storia la filosofia con il “pensiero debole” (G ianni Vattimo ) e il post moderno aveva no azzeccato questo futuro, che però si è visto peggio di quanto avessero previsto . Spesso la filosofia rincorre la realtà, questa volta è stata anticipata.

La fine dei "pensieri forti" delle grandi narrazioni dei messianes imo, del determinis mo storico che conduceva al "sol dell'avvenire", ha lasciato il campo al "debole pensiero", regno dell'individualismo, dell'uomo economico sedotto del l' effimero ed un disincanto che segnano ogni soluzione e aggregazione a .

Q uesto ripiegamento del pensiero di sinistra fa dormire sonni tranquilli al capitalismo, il dominio su ogni altra formazione economica.

La sinistra allo sfascio: la politica dei valori

L a politica Si e Fatta piccola e dal Conflitto per il superamento del capitalismo E Passat una alla “nuova teologia” Basata sui v alori” - ultima spiaggi una del pensiero povero Ormai sfarinato - .

I “ v alori” sociali come nuovi assoluti stanno alla base dei conflitti nel post-moderno o ; “Valori” Che ved ono contrapposti un ssistenza una Gli ultimi” vs “prima gli italiani”, “accoglienza” vs “respingimenti”, “ v ax” vs “no v ax”, sovranisti” vs “antisovranisti”, “Keynes "Vs" liberisti ", ecc.

Sopra Tutti i l verbo f sono” contrapposto al Pensare, Che vuol dire la rinuncia ad un una visione , al Progettare Lontano, a ridursi ad un nuovo ethos esistenziale, annuncio u n “ f sono”, “ concreto”, “ immediato” , “Diretto”, come forma di nuovo impegno sociale. Dall'impegno sociale al sindacalismo sociale : s alvare balene, costruire pozzi in Africa, occupare recaso per senzatetto , volontariato “militante” Orientata all' Assistenz un caritatevole ( cura del disagiato, cura de l carcerat o o de l bisognos o ) . E ' un f are” rassegnato, sfiduciato, pieno di pessimismo umano; votato al (dis) impegno sociale tipico di chi non crede in un futuro diverso.

E' u n f sono Che uccide il Dibattito e La Discussione creativa ( Si e ritornati tutti e vecchie forme di Conferenz e cattedratiche dove il Dibattito colto E diventa a elitario ) . Questo e un f sono nichilista, emozionale, Che fa Cendo ripos un re Il cervello , lo rend e invalidant e , in Capac e di Concentra zione,dove l'emozione rimpiazza il cognitivo. L a Praxis viene sostituita da gli “eventi”; Le azioni, non being mai inseriti in un progresso sociale Ampio, rincorrono Solamente l'evento e la contingenza.

In generale v iene ripristinato rapporto con i l basso “ senso comun e” , l ' autoritarismo, e VIENE InOLTRE allontanato il buon senso e OGNI aspirazione all' emancipazione.

Il virus del “ pensiero povero ” ha travolto pure lo “zoccolo duro” , ovvero i reduci della Sinistra Estrema ( anni ' 70 e non solo). Q uesti si comportano come gli orsi del polo nord che vagano per il polo aspettando il ritorno dei ghiacci, ignari che il riscaldamento globale ha fatto arretrare di molti i ghiacciai ; così questi compagni rima ngonoinchiodat i sul l cultura dell'eterno ritorno, con la visione nostalgica del passato, un passato ormai idealizzato, diventato mistico, eroico, glorioso, metastorico, quasi immaginifico, da racconto ai nipoti intorno al focolare .

In politica si assiste al populismo dall'alto che si scontra con il populismo dal basso, tutti animati dal "far e" dal pensiero breve.

Con questa sinistra non si va da nessuna parte, probabilmente una sinistra inutile, da dimenticare, con questa sinistra il capitalismo può solo morire di inedia.

Come si uccide una rivoluzione

Che si sia favorevoli o avversari di un moto popolare del passato, che si sia degli storici o opinionisti, i procedimenti del suo annientamento è identico: prima lo si svuota e poi lo si cancella.

Prima si riducono le rivoluzioni al solo momento particolare, senza un prima e un dopo, senza un contorno e circostanza, senza cause ed effetti. Poi si fa agire un solo personaggio, spesso mitizzato, o un piccolo gruppo. Si scrivono libri che narrano i momenti intimi e romantici dei personaggi obliterando tutto il resto.

Se si è a favore dei moti si fa epica, i personaggi sono agiti da ideali utopici, se si è contrari i personaggi sono agiti da manie di grandezza o follie edipiche.

Comunque si collocando i fatti in punti discontinui imbastiti intorno ai personaggi totalmente scollegati dal contesto. Si narrano trame della vicenda totalmente astorici, senza mai collocarle i protagonisti nel loro spazio tempo e come portato sociale.

Non si analizza il prima e il dopo, non si guarda l’insieme delle persone e le situazioni di classe con le loro evoluzioni, il tutto si riduce sempre e solamente alla cronaca di un gruppo o di un solo uomo ad un solo momento.

Non collocando mai le rivolte e rivoluzioni nel loro momento storico, succede che i favorevoli continuano a credere che quelle esperienza si possa ripetere in eterno e lavorano per riprodurle come se le condizioni fossero eternamente immutabili, mentre i contrari le rendono presenti per deprecarne la violenza e la follia.

Che si parli del risorgimento, della rivoluzione di ottobre, della resistenza, del ‘68 e ‘77, di Moro, ecc. il metodo che si ricalca è sempre lo stesso. Le rivoluzioni russe? Una sola, quella di Lenin! La lotta armata degli anni ‘70? Una sola quella di Moro e Moretti!

E sottolineiamo, per i perbenisti le rivolte buone erano solo le penultime, mai le ultime.

In sostanza questo è il metodo per togliere il contenuto eversivo alle guerre civili di ogni genere e intensità, con il fine di svuotarle, depotenziarne la carica eversiva, riducendole a macchietta. In questo modo si cancella il passato sconveniente e le si trasforma in inutili icone.

Come risultato abbiamo narrazioni delle rivoluzioni come immagini catechistiche, ripetitive, immutabili, povere e sopratutto metastoriche, prive di ogni utilità nel presente.

Che i racconti siano fatti dalla destra o che ne parli la sinistra “rivoluzionaria”, contro o a favore, si inverte il risultato ma il metodo è sempre lo stesso.

Si ammazzano le rivoluzioni per gridare viva le rivoluzione.

La “superiorità antropologica” dell'uomo di sinistra è diventato conformismo, opportunismo e autoritarismo.

Volendo fare un bilancio dello scontro tra capitalismo e anticapitalismo (o anche tra capitalismo e riformismo) è un risultato tragico.

Le uniche rivoluzioni con successo, durature, sono state quelle capitaliste, i proletari tutto sommato hanno fatto più controrivoluzioni che rivoluzioni, i paesi a “socialismo reale” sono tornati a frotte al capitalismo senza che l'Occidente sparasse un colpo.

In URSS dove con il sudore e sangue si erano posti i “gloriosi bastioni” del non ritorno dal socialismo .. tutto è evaporato. E in occidente il riformismo ha cavalcato il liberismo estremo; sempre in omaggio “allo sviluppo delle forze produttive” del marxismo russo?
Qualcosa è andato molto storto ma la sinistra come gli struzzi mette la testa sotto la sabbia.

Nel frattempo in Italia il divario Nord Sud e la centenaria “la questione meridionale” è rimasto un vergognoso capitolo spalancato, ieri i piemontesi, oggi i caporalati, e nelle campagne si continua a morire e ad emigrare. È dai tempi di Giustino Fortunato e Gramsci che il meridione grida vendetta; servirebbe con estrema urgenza una strategia di lungo respiro, forse organizzando “gli Stati Generali per il Meridione” con mobilitazione di tutta la società, invece zero sotto vuoto. Fanno il partito PaP che viene da sud, ma il tema meridione non viene toccato.

Seppellire Marx o i marxisti?

Come siamo giunti a questa Caporetto umana e sociale, ha fallito Marx o i marxisti? Questa è la domanda da porsi. Da anni bisogna necessariamente seppellire un cadavere, ma quale? Questo è il dramma che paralizza la sinistra e la tiene nel limbo della metastoria che chiamiamo postmoderno: il mondo delle nebbie.

Per come stanno i fatti si è più propensi a dichiarare il fallimento dei marxisti, o meglio, di quella corrente che definiamo “ortodossa” o “scolastica” (per fare analogie con la storia del cristianesimo dell'era tomistica) che ci paralizza in un passato che non passa.

Salvare Marx vuol dire riflettere sulla sua critica al capitalismo come critica totale. Il capitalismo come una fusione tra tecnologia (la razionalità nei luoghi di produzione), e la teologia del mercato (la fede, il feticismo che riguarda la circolazione: la merce, il denaro le banche il mercato), ovvero dove si realizza l'entità del plusvalore.

perché il capitalismo è un insieme di razionalità (borghese1) e fede nei feticci, entrambe costituiscono le basi dello sfruttamento dei pochi sui molti. Il capitalismo usa la razionalità al servizio del feticismo qui sta la sua forza.

Salvare Marx vuol dire avere una visione antropologica positiva, umanistica, ottimista dell'uomo, proprio il contrario di quella borghese (Hobbes) e cristiana (S. Agostino). E bisogna avversare anche i marxisti deterministi con l'interpretazione progressiva, cumulativa della storia, ovvero i pessimisti umani di sinistra, quelli del partito-avanguardia-massa, dello Stato ipertrofico, del comunismo come un capitalismo senza borghesi e mercato.

Bisogna essere ottimisti perché si crede (ma ci sono tanti esempi e buone ragioni storiche a sostenere questo) che l'uomo può autodeterminarsi e quindi non ha bisogno di sovra determinazioni: né di borghesie, né di burocrazia dello Stato, né della teocrazia e men che meno della tecnocrazia.

Contro la divisione del lavoro: tra chi ordina e organizza la società e chi esegue, divisione che crea solo schiavi.

Per un risorgimento di Marx, bisogna anzitutto partire dal salvare Marx dagli ortodossi, attraverso sue letture meno semplificate e riduttive. In qualche senso bisogna essere dei marxisti eretici, una volta tanto, per essere marxisti seri.

Il nodo tra marxismo e (e)rivoluzione rimane il nodo teorico pratico decisivo, e con essa va posto con decisione la dissoluzione dello Stato razionale/nazionale in quanto incapace di proteggere, fare evolvere la comunità a livelli superiori ed in quanto epicentro del potere e dell’autoritarismo che sta sopra e contro la società civile.

1 La razionalità non è transtorica, neutra come dicono gli “ortodossi”, ma è strettamente collegata alla classe dominante (vedi anche il marxista Kuhn)