IL CONFUCIANESIMO

Il corrispettivo dell’illuminismo in oriente è il confucianesimo1. Non si può capire un grande Paese come la Cina (ma nemmeno la Corea e per certi versi anche il Giappone e molti paesi limitrofi), senza una preliminare riflessione sulla filosofia confuciana che ha segnato la storia del Paese negli ultimi millenni (dal 400 a.c.).

Le finalità delle regole confuciane erano il benessere e l’armonia per il popolo.

La Cina è un Paese complesso formato da numerosi popoli con intrecci trame e ordito di storie, etnie, lingue, culture e religioni ed il confucianesimo ha permesso in qualche modo la convivenza, la stabilità economica e forse un’armonia per millenni.

Ci fu un periodo che il confucianesimo diventò l’ideologia che formò la classe dirigente e la burocrazia dello Stato, senza separatezza eccessiva con il popolo, poiché nelle regole confuciane si trovò la giusta ossatura dello Stato e del sistema culturale per tenere insieme una società stratificata e variegata come quella cinese.

La filosofia e le forme di relazione confuciane furono applicate non solo in ambito familiare, sociale e nello Stato, ma anche nel governo delle relazioni internazionali.

La cultura confuciana e quella del discepolo Mencio guardavano nel passato per ispirarsi ai modelli sociali da realizzare, mentre il discepolo Xunzi introdusse l'idea del progresso storico; tuttavia, essendo un pessimista nei confronti della natura umana, questo progresso a suo dire doveva essere guidato da uomini speciali, colti con lo scopo di orientare gli altri uomini verso il bene.

Di volta in volta i sostenitori di Mencio e Xunzi ebbero sorti diverse; anche dal 1948 in poi vennero considerati ora reazionari ora rivoluzionari: dipende molto dai punti di vista adottati.

Sulle orme di Xunzi, si sviluppò la scuola dei cosiddetti ‘legisti’, dei modernisti che sostituirono le leggi ai tradizionali riti confuciani, che contribuirono in modo determinante alla nascita di uno Stato più ‘moderno’ e centralizzato.

Il confucianesimo in un modo o nell’altro, di fatto ha dato stabilità millenaria alla Cina, e non solo alla Cina, e in qualche modo l’impero cinese, nella sua unità e nonostante i noti stravolgimenti politici e sociali, è rimasto integro fino ai giorni nostri. Nella sua lunga storia, ha assorbito religioni ed invasori, colpi di mano di reggenti, lotte di liberazione e di recente il capitalismo.

Capire Confucio vuol dire comprendere uno dei più solidi ordinamenti sociali che si è tramandato fino a noi. Anche se oggi risente di qualche scricchiolio, tuttavia permane pervasivamente nella società cinese e la rende unica.

La struttura sociale

Alla base c’è sempre l’individuo, ma mentre nell’illuminismo lo si libera dalla società (l’individuo diventa qui un noumeno dotato di super-io e poi si è creto uno potente Stato intorno per contenerlo), in Cina l’individuo è tale solo perché dentro relazioni sociali.

Nella nostra società occidentale, tra persone e Stato non c’è nulla o quasi, c’è la famiglia, ma è una somma amorfa di persone. In Cina tra Stato (e sovrano) c’è tutta una complicata rete di relazioni ed etiche che attraversano trasversalmente tutte le istituzioni. Sono relazioni spesso non scritte, ma hanno un riconoscimento che è ritenuto uguale se non superiore alle leggi dello Stato, regole che raggiungono gli angoli più remoti della Cina dove lo Stato non c’è. Il sistema confuciano si reggeva senza leggi e senza Stato.

Sopra l’individuo sociale c’è la famiglia allargata che comprende anche gli antenati, con al loro interno proprie gerarchie e riti. Poi c’è lo Stato e infine la figura dell’imperatore che opera come un grande padre su una famiglia più allargata.

Né in famiglia né più in alto si prendono decisioni singolarmente, ma tra pari, con sistemi equitari propri. Nel confucianesimo non esistono uomini isolati né in basso né in alto, non lo è lo Stato e neppure l’imperatore.

I riti di cui si parla sono prescrizioni sociali condivise e accettate da tutti, sono dinamici e legati alle comunità, in qualche modo sono pre-leggi, o leggi non scritte che tutti in qualche modo osservano. Non avevano bisogno di poliziotti, giudici o tribunali perché si basavano sulla gestione collettiva fondandosi sull’uso sociale della colpa e della vergogna, e dei corrispettivi positivi come onore, stima, autostima e rispetto.

La persona

La socializzazione, l’umanizzazione dell’uomo era il tema fondante del confucianesimo. L’uomo singolo confuciano assume valore in quanto è in rapporto con gli altri uomini. Il carattere stesso per esprimerlo in lingua mandarino ne dà il senso completo, ed è centrale la virtù dell’umanità, ren 仁 ‘la sollecitudine che gli uomini hanno gli uni per gli altri dal momento che vivono insieme’2. (il carattere , composto dal radicale per ren , ‘persona’ a cui è affiancato er 二 ‘due’, sta a significare che un uomo è veramente individuo solo se in relazione con altri suoi simili. Al contrario dell’illuminismo Confucio non propone quindi la costruzione di un individuo con un ego spropositato, isolato ed egocentrico, ma di una persona che per essere umana deve avere relazioni, saper vivere con gli altri, avere una consapevolezza della sua funzione sociale e del rapporto di responsabilità con gli altri. La profondità di questa consapevolezza di questa funzione sociale è data dagli studi; la libertà viene da quanto si studia.

Le cariche statali sono (dovrebbero) essere dettate dal livello di studio delle persone, coscienza del loro ruolo sociale di mantenere armonia e benessere.

La famiglia

L’idea della persona è quindi vista sempre in una prospettiva sociale, collettiva, ed è consolidata dalla centralità della famiglia, dalle esigenze e cure della famiglia che diventano parte integrante dell’essere delle persone. Il concetto di famiglia (allargata, mai mononucleare) che comprende gli antenati, è alla base stessa dell’ordinamento sociale, ed è al centro dell’ordine cosmico che riproduce l’armonia familiare; lo Stato, l’imperatore sono solo viste come famiglie più allargate (questo aspetto è più vistoso nella Corea del Nord).

E l’osservanza dell’etica della famiglia, il rispetto dei riti delle relazioni familiari armoniose porteranno a un paese ordinato ad un mondo ordinato e pacifico. La famiglia nel pensiero confuciano è un piccolo microcosmo, di come dovrebbe funzionare l’intero cosmo, dalla base fino allo Stato e il cielo (entità cosmica metafisica), cambiano solo le dimensioni.

Ci sono quindi delle regole e riti sociali da osservare in ogni relazione e gerarchia. In famiglia i ruoli di padre, madre, fratelli maggiori e minori, ecc., sono ben definiti, e la virtù e la pietà filiale sono fondamentali.

Non ci sono leggi, ma non osservare le regole, per chiunque, si contravviene a un ordine “sacrale”, si compie un atto di empietà davanti a tutti (anche di fronte gli antenati) e quindi la condanna ad esse esclusi dalla comunità.

I processi decisionali stessi, anche quando coinvolgono la sfera più intima delle persone si prendono collettivamente dal gruppo familiare, spesso dai genitori anziani che mantengono la loro autorità fino alla morte.

Gli elementi cardini del confucianesimo, come il rispetto della gerarchia, degli anziani, la maggiore importanza data alla società nel suo insieme più che al singolo individuo, l’idea di unità e armonia sono i caratteri di base della società cinese, che ha mantenuto anche negli attuali poli industrialmente avanzati e permane nelle megalopoli e nei suoi aspetti di grande modernità.

L’idea confuciana di benessere e armonia si sviluppa sia nel senso verticale che orizzontale della società, ognuno nel suo ruolo deve stare dentro una coralità, come in una composizione musicale collettiva.

Come in una orchestra c’è una gerarchia e una disposizione sociale e questa è riconosciuta e rispettata, quindi tra principe e suddito, tra padre e figlio, tra fratello maggiore e fratello minore, tra marito e moglie e tra amico e amico, esistono rapporti codificati e riti precisi. Non sono mai in rapporto di parità: anche nella relazione tra amico e amico si distingue sempre l'amico più anziano da quello più giovane.

Lo Stato e l’imperatore

I cinesi, nella loro agreste razionalità rifiutano la mistica e la speculazione, credono in un ‘cielo’ reale che assicura l’ordine cosmico che ne discende in terra. Dal mantenimento di questa grande armonia ne deriva la giustificazione del ‘Mandato Celeste’ intorno a cui si formalizza il potere dei sovrani. Essi sono i mediatori pro-tempore del rapporto degli uomini con il cielo e trasmettitori del suo ordine perpetuo. Il potere dei sovrani non è un potere derivante dallo jus sanguinis, ereditario. Il ‘mandato celeste’ dà il diritto di governare, ma se si trascurano i riti o si trascura la responsabilità morale verso il popolo, causando quindi inevitabilmente disordini sociali o gravi sciagure naturali, ciò è segno che il ‘mandato celeste’ è venuto meno e il potere deve/può essere tolto (almeno per la versione Mencio del confucianesimo, per Xunzi invece il ‘mandato celeste’ era dinastico).

In questo senso le rivoluzioni in Cina possono fare parte nell’armonia del cosmo in quanto permettono di cambiare sovrano che ha perso il ‘mandato celeste’ e sostituirlo con un altro. (Il termine stesso di rivoluzione, usato anche da Mao nella lunga marcia, si dice gémìng, cambiare il mandato).

Per Confucio il sovrano e lo Stato non doveva governare con la forza, o con la legge, ma con l’esempio, sul fondamento della virtù, con la forza interiore presente in ogni uomo che, al pari della maieutica socratica, va coltivata e diffusa pedagogicamente.

Sull’uso dei sistemi repressivi Confucio aveva questa idea: «Per governare il popolo, avete bisogno della pena di morte? Siate voi stesso virtuoso e il vostro popolo sarà virtuoso»; per tenere bene una società bisogna bisogna educare l’uomo, sia colui che governa quanto colui che è governato.

Il sovrano -dice Confucio- deve curare innanzitutto il benessere del popolo e l’armonia di tutti. Il popolo è l'elemento più importante di uno Stato (seguono gli spiriti della terra e delle messi (ossia i rapporti di produzione). Se il sovrano viene meno a questi suoi doveri, si squalifica, e ogni ribellione contro di lui diventa legittima ed egli può essere scacciato e messo a morte. Il mandato del sovrano è legato soltanto all'interesse del popolo.

Governare secondo le virtù confuciane vuol dire escludere la voglia di profitto, il principe deve occuparsi del benessere e dell'educazione dei suoi sudditi. Il grano, deve essere abbondante ed i vecchi debbono portare abiti di seta. Non si può esigere un comportamento corretto da un popolo affamato: il primo problema da risolvere è, pertanto, quello economico.

(Notare la differenza tra la figura occidentale del consigliere del principe come Machiavelli e Confucio, Machiavelli insegna al Principe come mantenere il potere, Confucio come mantenere una società.)

Confucio e il marxismo leninismo

Lo stesso marxismo leninismo si integrava molto bene con il pensiero confuciano e lo hanno adottato senza grandi scossoni. La fusione non è stata una rottura totale, e forse per questo ha resistito a lungo. Il marxismo leninismo è stato piegato al confucianesimo (da Mao e Lin Piao). Perché hanno diversi aspetti in comune, condividono l’agnosticismo, l’ateismo, l’unità di opposti (Hegel) del Tao, l’ordine e l’organizzazione sociale gerarchica, la famiglia e sopratutto lo Stato come ‘grande padre’, in Confucio legato al celeste, depositario dell’armonia tra cielo e terra. La dialettica hegeliana viene ritrovata nella metafisica della tradizione cinese nello Yin e Yang da loro storicamente considerati unica via che porta ad una comprensione dei misteri della natura e metodo per sintonizzarsi con l’universo e il suo divenire. Si crede che dalle contraddizioni derivate dall’incontro degli opposti dialettici Yin e Yang, sono uniti da un equilibrio instabile per loro stessa natura. Dalla dialettica dei due principi “tutto ha origine” e si ricompongono attraverso il Tao: la ricomposizione degli opposti.

L’antropologia cinese

Confucio storicamente ha messo insieme e dato ordine alla notevole cultura del passato cinese. E’ un mondo agricolo dove non esistono leggi ma riti e comportamenti, considerati più o meno socialmente accettabili. E’ una società che si autoregola attraverso il rito collettivo della vergogna3 e dell’onore.

E un popolo legato alla terra, che deve affrontare ogni giorno le forze della natura, a volte a favore a volte contro, e con scarso controllo su di esse, tuttavia non crede nel soprannaturale e non ha un cultura del libro sacro. L’unico culto che pratica è quello degli antenati. Essi studiano il passato, venerano gli antenati, considerati come fonte sapienziale e insieme alla virtù filiale, formano così il nucleo radice che rinsalda e tiene unito tutti i rapporti familiari.

Per il confucianesimo la forza che dirige il mondo non è un Dio ma la volontà del cielo, un cielo antropomorfizzato, che determina le stagioni, i raccolti e invoca l’armonia nella società.

Ed è attraverso l’esecuzione dei Riti che si riproduce questa armonia sociale.4

Per Confucio la società deve puntare all’armonia sia verticale che orizzontale, ognuno nel suo ruolo, come dentro una composizione musicale collettiva. Nella cultura cinese il senso dell’armonia coinvolge tutta la vita della civiltà, dalla scrittura, alle arti, all’artigianato, ai lavori nei campi, alla cultura e i riti.

L'uomo confuciano potrà realizzare se stesso e i suoi valori soltanto dentro questa società aderendo ai valori sociali condivisi. L’attività umana viene considerata in funzione del lavoro che ogni singolo svolge nell’ambito della sua posizione sociale, posizione che pur suscettibile di miglioramento e avanzamento, è sempre, in linea di massima, fissa e predeterminata. Ma dove ognuno in qualche modo si sente partecipe, è dentro un gruppo sociale ben definito, riconoscibile e riconosciuto. Non esiste il cittadino ‘liberato’ occidentale, anche perché non esisteva la teocrazia, l’unica libertà individuale esprimibile è quella di migliorarsi culturalmente e costruire robuste e copiose relazioni sociali da cui dipende status e rispetto. Queste relazioni sono al contempo sia economiche che “culturali” in senso ampio, e sono in qualche modo dentro dei codici etici ben codificati anche nelle loro strutture linguistiche.

Il Guanxi (i sistemi di relazioni)

A livello etimologico il termine significa “porta d’ingresso in una gerarchia o in un gruppo”. Un modo di viversi le relazioni sociali che riveste un ruolo fondamentale all'interno della società cinese e Confucio ne ha fatto una ‘scienza’. Una cultura comunitaria solidale, che vede l'individuo come parte integrante di una comunità non astratta o ideologica, ma concreta fatta da un insieme articolato e complesso di relazioni familiari, che investe sia i rapporti amicali che di lavoro. In questa cultura non ci solo uomini ‘liberi’, isolati e soli, ma ognuno è inserito in questa fitta rete di relazioni che si formano fin dalla scuola.

Si possono dividere le forme di guanxi in tre tipi: (1) espressivi, (2) misti e (3) strumentali, ognuna delle quali ha rapporti diversi con il renqing (la perequazione nello scambio).

Nelle relazioni tra i membri di una famiglia /allargata) si ha un guanxi espressivo, quello più solido e duraturo, che soddisfa principalmente la necessità di cura di ogni singolo individuo. Che non esclude guadagni materiali. Poi c’è il guanxi strumentale che si riferisce al rapporto sociale tra i membri della famiglia e gli individui all’esterno del guanxi famigliare, spesso con stranieri. Per questi il guanxi è una specie di strumento orientato a soddisfare le loro esigenze in materiali non auto prodotte nel primo cerchio, come scarpe o automobili e così via. È un guanxi molto instabile e a breve termine. Il guanxi misto mette in comune queste due caratteristiche.

Il guanxi è di fatto un network interpersonale su cui si fondano i punti di riferimento e di appoggio delle persone per tutto l’arco della vita. Si usa ovunque, nel rapporto con la burocrazia, per uno scambio di favori, informazioni ecc. Se una persona non ha il riferimento giusto dentro il proprio guanxi lo si cerca tramite guanxi di altri, ma si arriva sempre alla meta.

Attraverso il guanxi si costruisce un sistema di dipendenze reciproche che ha molti vantaggi.

Va da sé che per trovare un buon posto, occorre generalmente avere dei buoni guanxi (relazioni), cioè avere un rapporto di parentela o di amicizia (considerata un’estensione del rapporto di parentela) diretto o indiretto con il datore di lavoro.

La definizione del guanxi interpretata da Ying Lun So e Antony Walker dell’università di Hong Kong:

Le relazioni nelle economie occidentali oliano le ruote del business, ma non rappresentano né un modello organizzativo né un elemento sostitutivo della legislazione commerciale. Nella società cinese invece il guanxi rappresentano tutto ciò in modo complesso: un metodo di organizzazione dell’economia, un’alternativa alle risoluzioni giuridiche. In Occidente le relazioni di business sono basate sulla cultura di business e possono essere tanto di natura personale quanto esclusivamente pragmatiche e utilitaristiche. Le relazioni sociali o famigliari sono regolate in un ambito separato, che attiene alla sfera privata dei rapporti sociali e famigliari. In Oriente invece non c’è dicotomia tra i due ambiti: il guanxi rappresentano l’unica tipologia di relazione possibile, estendendosi tanto al mondo del business quanto alla sfera delle relazioni parenterali. La natura delle guanxi è indivisibile, pragmatica personale e utilitaristica al contempo”.

Anche gli occidentali che vogliono fare affari con la Cina necessariamente devono passare dalla costruzione di un legame personale di tipo guanxi in qualunque relazione di business che vogliono intraprendere. Gli affari sono importanti, ma senza costruire rapporti personali di fiducia e aiuto reciproco non sono nulla, sprecano soldi, tempo e fatica.

Loscambio sociale’ (non necessariamente economico), cinese basato sul criterio di ‘face-and-favor(rispetto e favori) possiede un modello di allocazione dinamica delle risorse, che si cambiano in modo diverso, a seconda del guanxi di riferimento che in cui i locatari sono messi.

Questo tipo di relazioni tra i gruppi che sono sintetizzati nei concetti di renqing, bao, mianxi e lian.

(Nell'Unione sovietica c’è il blat per indicare una rete clientelare estesa che può andare dal partito al mercato nero. In Occidente, invece, il guanxi è stato alle volte paragonato alla nozione di capitale sociale e capitalismo di relazione, ma non ha niente a che fare con essi).

Le regole etiche del Guanxi

Concetti morali, le regole etiche correlati al guanxi sono il renqing (l'obbligo morale di mantenere la relazione interpersonale),il bao, il lian e il mianzi. Questi ultimi concetti sono le due componenti della “faccia” (la reputazione).

E’ vero che il senso di reputazione (rimetterci la faccia) è un concetto universale, ma in cinese è più circostanziato.

In origine nella traduzione letterale dei termini di mianzi, il bao e lian sul piano fisico, significano il ‘volto’ fisico. Sul piano sociale i due termini sono più circostanziati.

Il Renqing

La persona in cinese si dice “rene significa letteralmente ‘una persona o un essere umano’ e “qing” che letteralmente significa ‘emozione o sensazione’.

Il renqing (favore, ripagamento)5 è riferito a risorse materiali o immateriali da scambiare sia all’interno che tra i vari cerchi che compongono il network di ciascuno.

Questa interazione diadica in occidente viene appiattito esclusivamente all’economico: il ‘venditorecon le sue risorse e l’‘acquirente’, mentre in Cina può invece il concetto è esteso per significare non solo in relazione ai beni e servizi ma come interazioni tra persone e gruppi.

Il concetto di renqing ha tre implicazioni culturali nei cinesi: (1) renqing a indicare le risposte affettive di un individuo che affronta differenti situazioni; 2) renqing significa una risorsa che un individuo prestare o dare ad un altro, come dono durante un’interazione sociale; e (3) connota le norme sociali a cui si attiene per andare d'accordo con altre persone (Gabrenya, Jr. e Hwang, 1996).

Il principio di renqing non lo è solo uno standard normativo per la regolazione informale dello scambio sociale, ma anche un meccanismo sociale che un individuo usa per raggiungere le risorse desiderabili all'interno o all’esterno delle relazioni; relazioni anche verso le strutture gerarchiche, ma che sono sempre finalizzate a mantene l'armonia, l’equità percepita nella relazione e quindi l'ordine sociale.

Fare Requing quindi ha poco a che fare con il nostro concetto di ‘equità’ perché è molto più elaborato e dinamico (ed è legato al bao come vedremo), ma comunque vuol dire soddisfare i bisogni dei membri di una rete sociale; lo scambio deve lasciare i contraenti soddisfatti secondo le rispettive aspettative.

Nel processo di interazione, le due parti possono intercambiabilmente svolgere il ruolo del ‘contraente’ e ‘allocatore’ in tempi diversi, a prima vista sembra l’‘economia del dono’ descritta da M. Mauss (dare/chiedere un bene, un favore obbliga l'altra parte a restituire il favore, o un bene ritenuto equivalente), ma in realtà è molto più articolata e complessa, qui non si distingue il momento economico da quello sociale. Resta il fatto che all’interno del requing, si realizza comunque il senso di giustizia percepito tra i due contraenti.

Nell’allocare una risorsa sociale a vantaggio di un ‘compratore’, il possessore del bene prima considererà: “Qual è il guanxi tra noi? Quanto è forte questo guanxi?”

Questo perché i sistemi di ripartizione dei beni e servizi, materiali e intellettuali e delle relazioni sociali si basano su tre regole che vengono utilizzate allo scopo e sono inerenti al cerchio dei gruppi guanxi in cui essi si svolgono quindi in base alla risposta che ne viene fuori i cinesi si attengono a tre direttive comportamentali:

i legami comuni all'interno della relazione jiajen, di familiari e coinvolge scambi basati principalmente sulla necessità, che impone che le risorse siano distribuite per soddisfare le esigenze degli individui bisogni legittimi indipendentemente dai loro contributi relativi occorre la regola che la condivisione dei benefici nella comunità dovrebbe considerare le esigenze pratiche di ogni individuo senza considerare i loro contributi effettivi (nei guanxi più di riferimento più forte, in genere dentro la famiglia allargata);

i legami strumentali che sono fondati in gran parte sui principi di equità e sono più comuni all'interno della Shengjen relazioni con sconosciuti. che impone che le risorse siano distribuiti in proporzione ai contributi dati dai singoli (nei rapporti con i guanxi più periferici);

i legami misti sono basati sull'influenza e sono comuni all'interno della relazione shoujen (parenti fuori della famiglia, amici, vicini, compagni di classe e Colleghi) dove si osserva la regola di uguaglianza, dove le risorse sono distribuite equamente tra i membri indipendentemente dai loro contributi oggettivi. Dove tutti i partecipanti dovrebbero contribuire a benefici e perdite indipendentemente dall'apporto che essi effettivamente hanno dato. (nei guanxi mediani) (Kwang, 1987; Yang, 1992, (Hwang, 1987)).

L'esito della buona o cattiva applicazione della regola renqing diventa input nella valutazione di inclusione o esclusione dei futuri rapporti guanxi.

(Concetti e comportamenti simili a renqing possono essere trovati anche in altre società collettiviste come il concetto di nella cultura giapponese (Lebra, 1969) e il concetto di chemyeon in quella cultura coreana (Choi e Kim, 2004).)

Il Bao

Il concetto cinese di ‘bao (reciprocità) è inseparabile e legato a doppio filo al concetto di ‘renqing".

Il modo in cui il concetto di bao funziona nella cultura cinese: “I cinesi ritengono che la reciprocità di azione (favore e odio, ricompensa e punizione) tra l'uomo e l'uomo, e in realtà tra gli uomini e gli esseri soprannaturali, dovrebbe essere sicura come un rapporto causa-effetto, e quindi, quando un cinese agisce, normalmente anticipa una risposta al ritorno”(Yang, 1957, p. 291)

Il concetto cinese di bao però differisce dal concetto occidentale di reciprocità in quanto le unità coinvolti nel concetto cinese di bao sono per lo più famiglie, non gli individui. E quindi il ritorno del Renqing non è necessariamente rivolto verso il donatore originale, ma può essere diretto verso altri membri della famiglia o addirittura coinvolgere le conoscenze vicine.

Nella società cinese e simili società collettiviste, le norme di reciprocità (bao) sono intense, E queste norme sono fortemente formate da una rete strutturata gerarchicamente di relazioni sociali (guanxi) in cui le persone sono incorporate, per la natura pubblica dell'obbligo, e per lungo tempo Periodo in cui gli obblighi sono sostenuti attraverso una autocosciente manipolazione ‘vergogna-virtù’ (Mianzi) e relativi riti.

Il Lian e il Mianzi

Il lian è realizzato tramite un comportamento adeguato alla relazione (ad esempio consono alla gerarchia e allo status). Lian è il rispetto del gruppo per un uomo con una buona reputazione morale; esso rappresenta la fiducia della società nell'integrità del carattere morale dell'Io, la cui perdita rende impossibile per una persona funzionare correttamente all'interno della comunità. Lian è dunque sia una sanzione sociale per l'applicazione di norme morali e una sanzione interna legato alla ‘vergogna’.

Il mianzi sarebbe come la reputazione, ma è un concetto più profondo di perdere la faccia (nel caso mancasse), esso rappresenta la percezione sociale del prestigio di una persona o reputazione raggiunto attraverso la vita vissuta, attraverso il successo e l'ostentazione. Il mianzi si accumula per mezzo di uso intelligente della vita e sforzo personale. Mianzi è perciò una sorta di ego pubblico riconoscibile, un apparire che dipende dall'esterno, dall’ambiente sociale di riferimento (reputazione da manovrare sempre con cura, non si accusa nessuno in pubblico tale da fargli perdere la faccia, se non per gravi motivi, altrimenti anche l’accusatore ci rimette la ‘faccia’ mianzi e il lian.) .

Una perdita di lian porterebbe ad una perdita di fiducia nel proprio network sociale, mentre una perdita di mianzi comporterebbe una perdita di autorità all'interno delle guanxi.

Ad esempio, interrompere di continuo mentre un superiore sta parlando può causare una perdita di lian, ma non di mianzi.

La perdita di mianzi significa semplicemente che una persona non merita l'onore o la gloria.

L'importanza del lian nella vita quotidiana dei cinesi si riflette nel vecchio detto: “Ogni Persona ha bisogno di lian; Ogni albero ha bisogno di corteccia”. “ una persona con un buon feeling per lian è di per sè persona di fiducia poiché coloro che lo guadagnano e lo valorizzano è più che una conquistare una fortuna.

La paura di perdere lian costituisce la base per il Sistema informale di contratti e accordi sia civili che economici, e il Mianzi è nelle transazioni quotidiane molto più di forma di moneta sociale.

Conclusioni

Del pensiero confuciano del sistema relazionale cinese qui si è fatto un sunto molto ristretto, si è tralasciato anche diverse cose come il Keqi (la cortesia), il Li (la produzione simbolica), il Yuan (relazioni predestinate), il Dengji (le interconnessioni gerarchiche), il Qi (interazione tra opposti), e anche le divinazioni e visione del mondo; ma sono comunque aspetti interessanti utili a ad aprire la mente sui percorsi di altre civiltà.

Stupisce come questa elaborazione para-filosofica non vada oltre questa armonia, né ricerchi una consolazione ultraterrena né un aiuto dalla divinità, ma si limiti ad osservare la forza misteriosa che dirige il mondo: la volontà del Cielo, che si deve temere, senza nessun passo ulteriore che permetta un approdo metafisico.

Interessante sarebbe pure il confronto tra Confucio e Machiavelli, due intellettuali opposti, uno ha una idea di società pacifica ed armoniosa, e l’altro una intellettualità, agli esordi della modernità, che insegna al Principe come mantenere il suo potere.

E più in generale sarebbe utile anche uno studio comparativo tra l’illuminismo e il confucianesimo, tra il pensiero greco-cristiano e quello confuciano, ma non è questo il luogo; qui si vuole solo rimarcare le differenti risposte ai problemi comuni che hanno dato origine a diverse antropologie civiche.

L a confuciana rettificazione dei nomi

Ma non si possono tralasciare alcune interessanti riflessioni di Confucio valide anche per i nostri tempi e per il nostro meridiano, riguardanti l’armonia delle parole. Confucio pensava che anche le parole devono essere in armonia con la realtà delle cose:

“.. se le parole non sono in accordo con essa, gli affari non possono essere portati a compimento; se gli affari non sono portati a compimento, i riti e la musica non vengono coltivati; se i riti e la musica non vengono coltivati, le punizioni non vengono assegnate nel modo giusto; se le punizioni non vengono assegnate nel modo giusto, il popolo non sa come muovere le mani ed i piedi. Perciò il saggio nomina solo ciò di cui può parlare, parla solo di ciò che sa fare: nelle parole del saggio non ci può essere nulla di inesatto”.

La rettificazione dei nomi fa parte del processo trasformativo perché facendo seguire le parole ai fatti si ristabilisce l’equilibrio e l’armonia nell'universo attraverso la corretta conoscenza del mondo intorno a noi e la consapevolezza della propria collocazione nella società (i propri doveri).

Il compito dei saggi (gli intellettuali) studiosi (che spesso avevano anche cariche statali), era proprio la rettificazione dei nomi quando serviva.6

Per Confucio il linguaggio aveva una funzione importante:

Il saggio nomina solo ciò di cui può parlare, parla solo di ciò che sa fare: nelle parole del saggio non ci può essere nulla di inesatto (in questo sembra L. Wittgenstein: Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere).

Il giusto comportamento del popolo si avrà se educato all'osservanza dei riti e alla musica e l’armonia si mantiene se c’è sempre la congruenza necessaria tra le parole e le cose. Quando questo viene meno si ricorre alla rettificazione dei nomi, per far di nuovo coincidere le parole e i fatti (sembra in qualche modo la praxis gramsciana).

Volendo fare un rimando alla nostra realtà attuale, parole come “riformista”, “democratico”, “liberale”, “la legge”, “la sanità”, “il lavoro”, “la costituzione”, “i diritti civili”, “la politica”, ecc, ecc, sono parole che hanno perso da molto tempo l’aderenza con la realtà e con i fatti, ma non abbiamo “saggi” che lavorano alla rettificazione.

Nella nostra cultura occidentale non abbiamo figure che ‘rettificano i nomi’, non lo fa lo Stato, anzi, non lo fa la cultura (tranne pochissimi e rari autori, per lo più incompresi) non lo fanno i partiti, che anzi sono al carro delle emozioni del momento.

Non avere dei sapienti ‘rettificatori’ ci porta a molti scompensi, a divisioni sociali, a conflitti feroci. Bisognerebbe istituire i rettificatori!

Piace credere che la funzione del “partito gramsciano” alludesse proprio ai ‘rettificatori’ del linguaggio.

Antonio Savino 2018

Bibliografia

Informazioni tratte dai blog e da libri.

Yang, C.F., 1989. A Conception of Chinese Consumer Behavior. In Yang, C.F., Ho, S.C., Yau, H.M. (Eds.), Hong Kong Marketing Management at the Crossroads: A Case Analysis Approach. Hong Kong: The Commercial Press, 317-342. Yang, K.S., 1957. The Concept of Pao as a Basis for Relations in China. In Fairbank, J.K. (Ed.), Chinese Thought and Institutions. Chicago: University of Chicago Press. Yang, K.S., 1992. Do Traditional and Modern Values Coexist in a Modern Chinese Society? In Proceedings of the Conference on Chinese Perspectives on Values. Taipei: Center for Sinological Studies, 117-158 (in Chinese). Hwang, K.K., 1987. Face and Favor: The Chinese Power Game. American Journal of Sociology 92 (4), 944-974. Maurice Meisner, Li Ta-Chao and the Origins of Chinese Marxism (Cambridge: Harvard University Press, 1967); Mao’s China and After: A History of the People’s Republic. (New York: Free Press, 3rd ed., 1999); Mao e la rivoluzione cinese, Einaudi, 2010.)

http://www.unistrasi.it/public/articoli/2579/Files/13%20di%20toro.pdf (ha a sua volta una abbondante bibliografia)

http://www.iltascabile.com/societa/cina-nuova-silicon-valley/

http://www.chinamediaresearch.net/index.php/contact-us/10-china-media-research/back-issues/52-vol-7-no-4

http://www.anzmac.org/conference_archive/2006/documents/Chan_Alvin.pdf

1 «Confucio non può esserne considerato l'iniziatore né mai affermò di esserlo. Si tratta, infatti, di tutta una concezione del mondo e dei rapporti sociali che si era venuta formando fin dall'antichità più remota e della quale Confucio fu il sistematore, in un periodo di crisi e di particolare tensione della storia cinese. Il confucianesimo ebbe anche altri maestri oltre a Confucio - come Mencio (372-289 a.C.), Xunzi (289?-238? a.C.) e Zhu Xi (1130-1200 d.C.) - ma a lui comunque va il merito di avere fissato, per la prima volta, il canone dei libri classici sui quali si è fondata tutta la speculazione successiva. Giustamente, pertanto, tale scuola viene conosciuta in Occidente con questo nome, che è stato usato la prima volta dai missionari cattolici nel XVII sec.

Il confucianesimo è stato considerato anche come una delle religioni della Cina, insieme al taoismo, al buddhismo ed alla religione tradizionale delle campagne. Sebbene esso, come si vedrà, non si proponga di risolvere alcuno dei problemi che usualmente sono considerati come religiosi, quali quello della trascendenza o dei nuovissimi, né porti all'umanità alcun messaggio di salvezza, pure può essere ritenuto una religione nel senso sociologico così come lo considerò Max Weber: come tale esso ha influenzato profondamente il modo di vivere dei cinesi e, con la sua successiva diffusione, dei giapponesi, dei coreani e dei vietnamiti, contribuendo a determinare lo sviluppo stesso della storia dei rispettivi Paesi.» (http://www.tuttocina.it/tuttocina/filosofia/conf.htm#.WJg0T_DhBhF).

Confucio non era un filosofo o un santo, ha solo sistematizzato regole etiche che favorissero l’armonia sociale. Ha scritto molto, ma molti scritti furono distrutti la gran parte dei testi che si rifanno a Confucio sono prodotti dai suoi allievi Mencio e Xunzi due personaggi che dettero origine a due correnti confuciane, la cui principale differenza sembra sia stata intorno al mandato ‘celeste’ sull’imperatore fosse provvisorio e quindi impugnabile o ereditario.

2 Definizione data da Zheng Xuan (esegeta del II sec. d.C.).

3 Sul rito della colpa e della vergogna si parla in un altro libro. O sul sito: http://www.savimby.it/images/pdf/VERGOGNA_1.pdf

4 Con la stretta osservanza del Tao, della via che portava al giusto equilibrio dell’uomo con tutte le forze della natura.

5 Renqing è il gioco di dare e restituire. I ‘donatori’, si aspettano che i ricevitori rimborsino in futuro. Senza tale attesa, il dono diventa una sorta di carità.

6 Sembra un caso, che diverso tempo dopo la morte di Confucio, in Grecia lo storico Tucidide, avverte che la degenerazione del linguaggio, a causa delle guerre del Peloponneso, ha causato la degenerazione morale della società.